Torna indietro
Grandfather Ethical Leader

Ing. Angelo Selis

Membro della Commissione Etica dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano.

I codici civile, penale, di procedura civile e penale, i codici deontologici, i codici etici e i protocolli Individuano il comportamento che l’individuo deve tenere, come comportarsi e come difendersi. Da qui nascono le sentenze e i provvedimenti disciplinari. Spesso, per palesi impreparazione di alcuni magistrati vengono emesse delle sentenze che a volte si allontanano completamente dai fatti reali accaduti e ne derivano sentenze correlate a inutili corollari suppositivi fuorvianti ricavate da presunte deduzioni che a volte sono campate in aria. Da qui nasce la necessità di continuare la causa fino ai tre gradi di giudizio con risultati, a volte, con sentenze contrapposte ma di certo con un maggior contenuto di verità. Ciò significa che da una parte c’è la legge, a volte ferrea e a volte con ampi spazi interpretativi, e su questo si confrontano legislatori, giuristi e purtroppo alcuni preposti incapaci e per loro sarebbe opportuno che si provvedesse a fargli fare corsi specifici e di aggiornamento. Conta molto l’esperienza vissuta nei vari campi professionali. Conducevo dei programmi  televisivi sulle problematiche connesse alla professione compreso i condoni edilizi, con le varie sfaccettature, con risposte in diretta a chi aveva un quesito da porre. Mi trovavo a parlare in Tribunale con un amico Procuratore della Repubblica, peraltro vicino di casa. Un magistrato sapendo chi ero si avvicinò, si presentò e si complimentò per la risposta da me data in tv a una sua domanda sull’interpretazione di un articolo della legge 47/85 secondo la mia opinione. Al telefono della televisione con cui lavoravo non disse chi era ma pose la domanda in termini legali qualificanti la sua preparazione.  Continuò dicendomi che alcuni giorni  dopo la telefonata fattami aveva applicato, quanto dettogli, in una sentenza, riscontrandone l’esattezza interpretativa. Mi ringraziò e si accomiatò. Ovviamente apprezzai in lui la necessità di ulteriormente documentarsi prima di emettere una sentenza. Parlavo, sorbendo una bibita in salotto, con una giovane penalista e le chiedevo cosa avesse fatto se una persona, suo cliente, le avesse detto che ha ammazzato una persona e che magari pensava di ammazzarne un’altra. Lei mi ha risposto che avrebbe difeso quella persona e che avrebbe fatto in modo che la procedura giudiziaria fosse attinente alla legge e se non fossero state prodotte prove sufficienti dalla pubblica accusa lei non avrebbe detto al giudice quanto commesso realmente dal suo cliente essendo vincolata al segreto professionale. Avrebbe accettato la sua eventuale assoluzione. Ciò ovviamente ha determinato in me sgomento. Le rispondo facendole notare che lei così potrebbe favorire un omicida e nel contempo far continuare dai preposti la ricerca di un colpevole inesistente. Placidamente mi risponde, tagliando corto, che il suo ruolo di avvocato è di difendere il suo assistito.  Incalzo dicendo che quel suo cliente, come promesso, dopo la sentenza che lo scagiona, rendendolo impunito, ammazza per vendetta l’altra persona e che in tal caso lei dovrebbe avere un notevole senso di colpa. Mi risponde che non sta a lei andare a denunciarlo ma anzi se è il caso difenderlo ancora. Stavo per arrabbiarmi ma ho desistito, ho chiuso il discorso inorridito. Forse altri avvocati agirebbero nello stesso modo? Non lo so. Parlare di etica professionale con un presupposto simile mi è molto difficile ma mi sarebbe piaciuto, al di là, del suo protezionismo dettato dal segreto professionale, quali sono le motivazioni che la spingono ad agire in questo modo e impostare una serie di dilemmi determinati, penso, dalla necessità di danaro, di bella figura nei confronti del cliente assassino che la paga più volentieri. Dilemmi di coscienza umana nel vedere deturpata la giustizia nei confronti di una verità non detta e nei confronti dei parenti dell’ucciso. E’ ovvio che il poter vedere l’aspetto dell’etica da questo punto di vista mi ha reso curioso di scoprire cosa c’è nell’animo umano e cosa guida le nostre azioni giuste o non giuste, ben lontano dal sereno imparare del discepolo dall’insegnamento del Maestro volgendo la mente principalmente ai medici-filosofi greci arrivando a Ippocrate. Constato che tra i due concetti di vita, professione e filosofia greca e questa odierna, vi è un baratro e questo baratro deve essere colmato dal ragionamento e dalla constatazione dei fatti. Giusto quindi ragionare sui dilemmi, non incolpare subito ma determinarne la causa e il ragionamento.

Da ciò appare lampante la mia necessità di comprendere l’animo umano con la partecipazione al gruppo di lavoro Ordine ingegneri della Provincia di Milano e UNI. Quanto stiamo facendo andrebbe approfondito con il confronto con altre tipologie di professionisti ma in particolare magistrati, non in cattedra, ricavandone così un pensiero condiviso o meno, quale esperienza pseudo risolutiva del singolo. L’esperienza vissuta è importantissima e molto impregnante è stato il mio coinvolgimento nel dover giudicare il comportamento di colleghi coinvolti in Italia ’90 e tangentopoli e in particolare nella qualità di consigliere dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli. Qui le argomentazioni confidenziali avute con gli inquisiti hanno aperto una grossa breccia nella necessità di separare l’accusa da quanto realmente successo. Spesso riscontravo l’ingenuità nel comportamento del collega, abbandonato a sé stesso, rispetto alla scaltrezza del politico fortemente protetto. Anche qui alberga l’etica ma i dilemmi sono tanti. Il far affrontare i dilemmi ai colleghi è essenziale, partendo però dai dilemmi dovrebbe svilupparsi maggiormente l’insegnamento etico-esistenziale.